Estote Parati n. 111 – gennaio 1967
Il Concilio si era chiuso l’8 dicembre dello scorso anno.
Ma il Papa, subito dopo, aveva detto che esso «è un fatto che deve durare». Una associazione cattolica doveva avvertire che non poteva restare incantata di fronte a testi di tanta bellezza, nè, tanto meno, poteva considerare il Concilio solo un fatto eccezionalmente stupendo della vita della Chiesa.
Una associazione giovanile doveva capire che il Concilio si indirizzava prima di tutto ai giovani perché esso è una «luce che rischiara il vostro avvenire» .
Una associazione educativa doveva, inoltre, avvertire subito che il Concilio può durare principalmente per mezzo dell’opera educativa.
Sul piano storico, la validità di un movimento educativo si misura anche sulla capacità di avere e di manifestare certe intuizioni e certe sensibilità. L’ASCI le ha avute.
AI Consiglio Generale del 1966 si impegnò a far propria la visione dell’uomo quale risulta dai documenti del Concilio e in modo particolare dalla costituzione «La Chiesa e il mondo contemporaneo» e dalla dichiarazione sulla «Educazione cristiana».
Cioè, l’ASCI capì subito che pur dovendo considerare e meditare attentamente i due citati documenti conciliari, li doveva collocare nel più vasto contesto di tutto il Concilio, sia perché la «Gravissimum educationis» conteneva soltanto alcuni principii, sia pure fondamentali, sulla educazione cristiana, ma anche perché il Concilio, accrescendo a mano a mano l’ampiezza dei temi che trattava, spesso ne aveva rinnovato, nei punti ove aveva ritenuto dare ulteriore risalto, una visione suppletiva od integrativa in altri successivi documenti, anche se questi ultimi erano diversamente intestati e destinati, in via principale, ad aggiornare il pensiero della Chiesa su altre tematiche.
Una volta avvertita questa esigenza, cioè, dal Concilio nel suo complesso poteva ricavarsi quella costituzione sull’educazione cristiana che gli uomini attendevano dopo la «Divini illius magistri – era possibile aprire, nell’ASCI, il discorso in chiave di verifica della corrispondenza dei valori fondamentali del metodo scout alla rinnovata visione dell’educazione che la Chiesa esprimeva nella «prospettiva della salvezza». Avendo il Commissariato Centrale ritenuto – in questo confortato anche dal parere della commissione delegata del Consiglio Generale – più che mai validi ed attuali i valori essenziali del metodo scout, che appare ora – guardato ex post dalle posizioni ideologiche cui la Chiesa è giunta addirittura come un fattore strategico nella società in cui è sorto e in cui ha operato, è passato alla ricerca delle condizioni oggettive affinché esso possa continuare ad assolvere al ruolo profetico per la società dell’oggi e del domani.
Pertanto ha ritenuto che l’esame e l’attenta considerazione delle trasformazioni in parte già avvenute ed in parte in atto nella nostra società, potevano favorire la presa di coscienza da parte di tutti i Capi, che un discorso pedagogico valido non si esaurisce nell’ambito chiuso e circoscritto ciel rapporto educatore-educando nel ristretto giro del metodo che utilizza, e che occorre tener sempre ben chiara la visione totale di tutti gli aspetti della realtà e dell’uomo nella società in cui cresce e si esprime, come portatore di valori eterni.
Ha ritenuto altresì che il Congresso, così articolato, poteva favorire anche un’’altra presa di coscienza; che esiste cioè un rapporto circolare tra la, pedagogia scienza propria dell’educazione – e le altre scienze del reale, in particolare la sociologia, la psicologia, l’economia.
CARLO BRACA
Commissario Centrale Presidente
